domenica 31 luglio 2016

Grazie.




Oggi ho bisogno di scrivere, e così eccomi qui.

L’estate è la fine dell’anno (scolastico). 
E per me è - da sempre - tempo di bilanci.
Erano anni che non tornavo nella mia Toscana, nel mio paese, alle radici.
Era tanto, almeno, che non ci stavo per un po’, con calma.
Tornare qui è sempre strano.
Non conosco i nomi delle strade, non riconosco le vie, ho perso i punti di riferimento. 
I negozi chiudono o cambiano.
Ma le facce, no.
Tanti volti conosciuti. 
Qui giri per strada e le facce sono quelle. 
Raro trovarne di nuove.
Qualche straniero. 
Ma quello non fai in tempo a guardarlo in faccia. Lo riconosci da ciò che porta addosso e dalla sua camminata insicura.
Beh, girellando, ho incontrato conoscenti e amici che mi hanno fermata per dirmi che mi hanno vista in TV.
E’ vero, recentemente è capitato, per due volte, di essere intervistata dalla RAI.
E’ stata l’OSF a chiedermelo.
Essere fermata per questo mi fa buffo…
Ho fatto la speaker RAI, film, spettacoli.
Ma mi fermano per il mio volontariato.
Mi fa buffo, ma mi piace un sacco.
L’OSF, non è solo volontariato. 
Non è riempire il tempo libero.
Non è fare del bene agli altri.
E' molto, molto di più.

Io non faccio parte dell’OSF.
L’OSF fa parte di me.

E allora vorrei spiegare bene cos’è Opera San Francesco per i poveri.
Certo, il sito www.operasanfrancesco.it è molto più esaustivo di me, ma provo a raccontarvela a modo mio.

Opera San Francesco è una struttura che offre aiuto agli indigenti, ai senza fissa dimora, a chiunque si trovi in difficoltà, elargendo il servizio mensa (pranzo e cena, dal lunedì al sabato), igiene personale (doccia e guardaroba), cura (ambulatorio medico) e ascolto (area sociale).

Ma è soprattutto una casa, un posto dove troverai non solo acqua calda, sapone, il necessario per fare un pediluvio o la barba, o il pasto, vestiti puliti, una coperta, delle candele per la notte, ma soprattutto il sorriso.

Questa è la prima cosa che mi hanno insegnato quando sono arrivata qui. 
Chi ha fame cerca il cibo, ma se glielo dai con il sorriso, quel pasto nutrirà non solo il corpo, ma anche l’anima.
E questo mi ha conquistato.

La seconda cosa che mi hanno insegnato è che i nostri utenti non è bello definirli “poveri” e non solo per una questione di educazione, ma soprattutto perché ognuno di noi è povero di qualcosa. 
Qualcuno è povero di soldi. 
Qualcuno è povero di carezze. 
Qualcuno è povero di affetti.
E qualcun altro è povero di cervello, come dice - saggiamente - uno degli utenti che frequenta il mio corso di teatro…

Gli utenti, tutti, registrano le proprie generalità nell’area accoglienza, gli fanno una foto e gli vien dato un badge: la chiave di casa che permette loro di entrare in OSF e di accedere ai servizi.

I servizi sono gestiti dai volontari che si occupano dei vari settori, dopo un po’ di preparazione e sotto il vigile controllo di Padre Giansandro.

Nella mensa, io seguo il turno del venerdì sera, sono referente, organizzo la mia squadra, apro agli utenti, cerco di far fronte agli imprevisti e controllo gli ingressi.

Le foto degli utenti, quelle che hanno sul loro badge sono la cosa che con più evidenza ti indica il progressivo abbrutimento a cui sono sottoposti alcuni. 
Controlli la tessera sul computer e ti appare la loro faccia, tre, due, anche solo un anno fa.
Alcuni sono utenti da tanto tempo. Da troppo.
L'umanità è varia. 
Ci sono pensionati, ragazzi giovanissimi, famiglie con bimbi piccoli. Stranieri, ma tanti italiani. In aumento.

A volte, qualcuno viene a salutarti,perché ritorna dalla sua famiglia, o perché ha trovato lavoro e una casa e della mensa non ha più bisogno.
Ti saluta con gli occhi gonfi di lacrime di che non ha più parole, ma solo tanta gratitudine.
C’è chi non ti parla mai. Neppure un cenno di saluto.
C’è chi ti lancia improperi pazzeschi in una lingua a te sconosciuta e con aria notevolmente minacciosa.
C’è chi ha sempre da brontolare.
Chi ti chiama per parlarti dei suoi problemi, chiedendoti un aiuto che tu non puoi dargli.
Chi ti porta dei regali.
Chi ti fa i complimenti.
Chi non se ne va se non ti ha salutato.
Chi ti dice sempre “grazie”.

Quest’anno - visto che siamo a fare bilanci, facciamoli - è il mio anno del "grazie".
Ho riscoperto il valore di questa meravigliosa parola, il suo potere taumaturgico.
Ricercando ogni giorno qualcosa per cui ringraziare, ho scoperto la moltitudine di cose meravigliose che ho, che mi accadono ogni giorno.
E allora mi vien voglia di cantarlo, questo grazie.
Un grazie che io - volontaria felice - devo a Opera San Francesco.
E a ognuno dei suoi utenti.
Anche a quelli che mi mandano a quel paese.

E grazie a Dio, venerdì, sarò di nuovo lì.

sabato 16 luglio 2016

vacanza



Gli incontri del laboratorio continuano.
È un po’ che non scrivo perché sono stata fagocitata da altri impegni umani e lavorativi e - soprattutto - dalla chiusura dei vari corsi con i saggi.

A dire la verità, a rallentare la mia scrittura sul blog è stato più che altro il comportamento dei miei allievi…

Hanno letto il blog e questo ha scatenato un po’ di contestazioni, dubbi, perplessità, domande, rimostranze, critiche.

Non sto qua ad elencarvele, ma vi assicuro che erano tutte giuste.

Se erano corrette le critiche un po’ meno ho percepito lo fosse stato il modo di pormele.
Ma sono al corso di teatro OSF anche per imparare l’importanza della forma e come imbrigliare l’energia, incanalarla al meglio.
Però io ho perso le staffe.
Durante una discussione accesa nei toni e che metteva in dubbio il futuro del corso, non ho retto e ho sbottato. 
Come una pentola a pressione sul fuoco ho sbuffato aria bollente che conteneva molto di più della frustrazione del momento e a loro legata.

E ancora una volta ho capito che io per prima devo imparare da loro, dalla loro straordinaria capacità di mettersi in gioco, dalla loro esperienza che mai potrò raggiungere, ma che mi è dato l’opportunità di annusare, di osservare…

*****

Oggi è finita la prima parte del corso.
Si fa la pausa per le vacanze. 
Oggi non c’erano tutti, ma ho comunque avuto modo di salutarli tutti.
È una pausa necessaria. A me e a loro. Al lavoro stesso. 
C’è bisogno di far decantare, lievitare il lavoro perché diventi ciò che ho in testa.
È un tempo utile anche a me per parlare con l’OSF, prendere accordi sullo spettacolo, progettarlo, organizzarlo, guardare e sistemare il tanto materiale che ho a disposizione.

Insomma non sarà tempo vuoto questo che ci separerà.
Eppure io so che questo appuntamento mi mancherà in un modo indescrivibile.
Mi sono resa conto che queste ore con loro sono l’ago della mia bilancia interiore: se sto con loro il bilancio si riequilibra e il bene pesa più del male, il positivo ben più del negativo, la voglia più dell’apatia, il sorriso più del magone.
Il loro incontro - insieme, senz’altro, a un mio personale percorso - mi ha permesso di vedere meglio.
Vedere. Sì.
Perché io sono stata priva di vista per un po’ di tempo.
Poi nella nebbia e infine con gli occhi protetti da occhiali con le lenti scure, scurissime, che non permettevano di vedere il chiarore, neppure quando il sole era forte e splendente.

Loro, il loro incontro, il loro incanto, mi ha tolto quegli occhiali. 
Il beneficio quindi non è stato circoscritto e limitato ai nostri incontri, ma si è allargato a macchia d’olio nella mia giornata, investendo di capacità di vedere il buono e il bello ogni giorno, in ogni cosa.
Mi stanno insegnando:
La responsabilità.
L’importanza di sapersi rialzare una volta caduti.
Il prendersi carico dei propri errori, di non giudicarli, ma di utilizzarli come opportunità di miglioramento.
Ma più di tutto mi stanno insegnando il coraggio. Quello quotidiano, quello che non richiede di armarsi e partire. Che non cerca gesti eroici, ma che richiede di stare in ciò che senti e di dire qualche no.


Non potrò mai descrivere la gratitudine profonda che provo per Padre Maurizio, Fra Domenico, e tutto l’OSF che mi ha sostenuto e aiutato affinché questo progetto prendesse concretezza, perché queste persone, con le loro storie, il loro carattere, i loro spigoli e le loro morbidezze potessero entrare nella mia vita e solcare il mio cammino.

Ci fermiamo per qualche settimana, andiamo in vacanza dal corso, ma la testa e il cuore saranno ancora lì.
Con la gratitudine che si può avere verso un Maestro, verso un luogo che è d'esempio, verso un’esperienza che segna a vita.

E allora oggi ho pianto quando li ho salutati. Nel ricevere l’abbraccio di L. ho sentito la sua stretta vera, sincera, d’affetto.
Un affetto che sento di rado, ultimamente.
E ho pianto.

E la vista -  posso assicurarvelo - è diventata ancora più limpida.